Qualche settimana fa, al culto della domenica, il predicatore ha portato questa metafora: “nell’arca di Noè l’aquila è passata dalla stessa porta del passerotto che saltellando è entrato all’interno; e dalla stessa porta sono passati un elefante, una lumaca e una tartaruga”. Ciò che noi sappiamo grazie alla conversione, è che anche oggi non ci sono differenze di porte, differenze tra razze, sessi, età… solo una è la porta che si apre alla nostra Salvezza. E questo mi è venuto in mente quando Colin, da Glasgow, (nella foto) è venuto a raccontare a noi ragazzi la sua esperienza di conversione. Perché anche se raggiungiamo vette altissime, anche se il nostro conto in banca è fiorente o abbiamo accanto la persona più bella di questo mondo, l’unica via e l’unica vita risiede in Gesù. Colin sin da piccolo nutre il sogno del rugby. Un sogno che si sviluppa su due piani: giocare da professionista; farlo nel proprio Paese. A 8 anni inizia la sua ascesa: entra poi nell’under 18, nell’under 19 vincendo anche un rinomato campionato a Parigi, poi nell’under 21 fino all’ingresso nella mitica Glasgow Warriors! A 23 anni si muove verso San Diego dove nella storia con una ragazza ha modo di scontrarsi con Gesù e con la domanda: “Gesù è il tuo re e salvatore?” Anche da cristiani convertiti credo bisogni porsi questa domanda. Così giusto per ricordare a noi stessi a chi apparteniamo. Colin, in quel momento, non aveva in Gesù il suo re e salvatore: ci sono delle distrazioni che a volte ci fanno perdere la dimensione della vita che dobbiamo condurre. Ma Dio guarda paziente e aspetta le nostre scelte.
Tornando all’inizio: Perché ho citato l’arca? Forse, usando una metafora animale, Colin, come il nostro Diego, sono state aquile per gli occhi del mondo: hanno raggiunto livelli di professionismo, fama, traguardi che umanamente sono invidiabili; con le loro qualità, i loro sacrifici, rappresentano delle eccellenze. Però le aquile sono soprattutto simbolo di libertà: libertà che viene conquistata dal solo sangue di Gesù senza il nostro affannarci. Soprattutto senza che le aquile siano tramutate in passerotti o animali di poco valore. La scelta di abbandonare la propria vita a Dio, infatti, non ci rende più deboli ma libera l’ “aquila” che è in noi dal senso di onnipotenza, dalla fame di gloria lasciando spazio a una vita libera. Salomone esortava il giovane nell’Ecclesiaste a distogliere la propria vista dalla vanità. È ciò che credo abbia fatto il nostro fratello scozzese: camminare con Dio; farlo in Italia condividendo ciò che lui ha vissuto e farlo anche con divertimento come è stato domenica 23 marzo a suon di musiche scozzesi e balli tradizionali.